Si narra che ai tempi della dominazione araba, circa nel 1100, a Palermo, nel quartiere Kalsa, viveva una bellissima ragazza, che non usciva mai e passava le sue giornate a coltivare le sue piante sul balcone. Passò di lì un moro, che fu conquistato da tale bellezza, irruppe in casa della fanciulla e si dichiarò con ardore. La ragazza, fulminata da tanto impeto, se ne innamorò all'istante e si concesse al pretendente. La passione continuò finché il moro confessò che per lui era arrivato il momento di partire perché moglie e figli lo aspettavano nella sua terra. La ragazza, accecata dall'amore e dalla gelosia, non volendo perderlo, aspettò la notte, e mentre l'innamorato dormiva, lo decapitò. Mise la testa sul balcone, con gli altri vasi, dove poteva sempre ammirarlo, e ci piantò il basilico, che crebbe rigoglioso. I passati colpiti da quello splendido vaso, si fecero modellare anche per loro vasi in ceramica a forma di testa.
E' questa la leggenda che narra l'origine dei vasi a forma di testa di moro siciliani, che poi si declinò anche nelle forme di testa di donna, o di uomo bianco, con turbante, corona o frutta, sapientemente lavorati e decorati.
Caltagirone, Santo Stefano di Camastra, Sciacca, sono centri rinomati per questi vasi e per la produzione di manufatti in ceramica.
LA CERAMICA DI CALTAGIRONE
Caltagirone, Santo Stefano di Camastra, Sciacca, sono centri rinomati per questi vasi e per la produzione di manufatti in ceramica.
LA CERAMICA DI CALTAGIRONE
Intorno al X sec. a.c. fu importato dai cretesi l'uso del tornio, che rivoluzionò l'antica attività artigiana. Tra il VII e il V sec. a.C. si assiste ad un notevole sviluppo economico legato alla produzione di vasi in terracotta, dapprima con influssi anatolici e ciprioti e poi del mondo greco, che influenzò l'intera organizzazione sociale e l'attività artigianale della Sicilia. Seguì un periodo di decadenza sotto l'impero romano e bizantino, che rifletteva la generale crisi economico-sociale che aveva investito la Sicilia, causata dalla politica fiscale e dalle devastazioni di vandali e pirati che insidiavano le città. Decisivo l'arrivo degli Arabi nell'827 che importarono nuove tecniche e decori, provenienti da Persia, Siria ed Egitto. Insegnarono agli artigiani calatini l'invetriatura, che si diffuse poi anche nel resto dell'Italia. L'artigianato della ceramica conobbe una nuova fioritura e la cittadina prese il nome di Qal'at al Ghira o Kalat al Giarum, Collina dei vasi.
La produzione e il prestigio proseguirono senza sosta in epoca Medievale. I regnanti svevi e normanni ne incoraggiarono lo sviluppo. Dal 1412 la Sicilia cessa di essere un regno indipendente, e viene legata alla corona castigliana, subendo così influssi valenziani e catalani. Nel 1432 re Alfonso d'Aragona concesse agli artigiani di Caltagirone di commerciare i tutto il Regno senza pagare dogana. Questa condizione consentì un ampliamento dei mercati e favorì un notevole incremento della produzione della ceramica. Dalla fine del XV sec. e per tutto il XVII sec. è di moda l'arte rinascimentale italiana: la stessa Spagna e la Sicilia ne subiscono l'influsso e vengono importati prodotti italiani. E' possibile riscontrare nei decori di quest'epoca l'influsso della tradizione stilistica di Montelupo, che si fonde al gusto locale e alle influenze catalane e musulmane.
Anche per la sua posizione nell'entroterra della Val di Noto, quieta e lontana dalle lotte, e per essere sede di potenti famiglie catalane, Caltagirone conobbe una notevole prosperità, mentre altri centri si indebolirono. Tra il XVI e il XVIII sec. Caltagirone divenne il più importante centro della Sicilia per la produzione della ceramica: vasi antropomorfi, versatoi e molti altri prodotti si trovano a quell'epoca i ogni casa siciliana.
La fama di Caltagirone si affermò anche per l'utilizzo della maiolica per decorazioni architettoniche e pavimentazioni, che si avvalse anche di architetti come i Gagini (XVI-XVII sec.) e Natale Bonajuto (XVIII sec.).
L'11 gennaio 1693 un terribile terremoto distrugge la Val di Noto, nella Sicilia orientale. Si perde così quel ricco patrimonio di edifici monumentali, di oggetti e di botteghe artigiane che si era costruito nei secoli a testimonianza della tradizione delle maioliche di Caltagirone. La produzione riprende alacremente, con nuovi decori e oggetti fantasiosi, eleganti e funzionali. Nel '700 la produzione e la fama della ceramica di Caltagirone è all'apice. Per la ricostruzione furono chiamati i più importanti architetti del regno che ridisegnarono il volto della città con lo stile barocco dell'epoca unito al locale uso della maiolica. Con il diffondersi dell'uso del cemento nelle pavimentazioni, le importazioni continentali e la scarsa competitività dei ceramisti siciliani, comportarono nell'Ottocento un lento declino della produzione e una progressiva riduzione delle botteghe artigiane. Si affermarono però in città i figurinai, come Giacomo Bongiovanni, erede della famiglia Bertolone, e il nipote Giuseppe Vaccaro, che ebbero numerosi riconoscimenti anche all'estero.
Nel 1918, grazie a don Luigi Sturzo, si inaugurò la Scuola della ceramica di Caltagirone (ora Istituto d'Arte per la Ceramica) che favorì il recupero di prodotti di eccellenza insieme a un nuovo rifiorire della creatività artigianale e il centro divenne nuovamente, a buon diritto definito la “Città della ceramica”. Nel locale Museo della ceramica, fondato agli inizi degli anni '50, è possibile comprendere le molteplici influenze a la ricchezza di forme e decori che non è possibile ritrovare in nessun altro centro in Italia. Dal 2003 la produzione è tutelata e garantita dal marchio Decop (Denominazione comunale di provenienza).
Doveroso ricordare che la tradizione della ceramica artistica è viva e presente anche i altri centri siciliani, come Santo Stefano di Camastra e Sciacca, con prodotti simili e di ottima qualità.
I DECORI
I primi decori si rifanno chiaramente alla cultura anatolica e cipriota (decorazioni geometriche in bruno su fondo giallo e rossiccio) e soprattutto alla cultura greca. Dopo la crisi sotto la dominazione romana e bizantina, è l'invasione araba che apporta nuovi spunti e determina un rifiorire di forme e decori. Dalla tradizione egizia e persiana vengono adottate le forme dei vasi, decorati su ingobbio che va dal giallo al verde ramina e giallo ferreccia con motivi geometrici o vegetali, in verde o manganese, raramente in blu. Trecce, archetti incrociati, motivi lineari ornano le larghe tese dei bacini, con fondi decorati con pesci, colombe, boccioli, rosoni, foglie e il caratteristico motivo a cuori concatenati, ispirato dalla palma della Cappella Palatina.
Nel corso del Trecento, con gli Aragonesi, i motivi sono fortemente stilizzati e si riducono principalmente agli stemmi delle famiglie aristocratiche o degli ordini religiosi, i bacini hanno tese meno larghe con decori solo con il manganese.
Nel Quattrocento lo smalto si fa più corposo e vetroso e ricopre anche la superficie esterna dei manufatti. I decori con motivi floreali o animali o con profili muliebri o virili, sono per lo più in manganese, con campiture in verde ramina.
Finché non si affermerà la moda rinascimentale, lo stile è quello dei fastosi ricami siciliani, mescolato alla tradizione catalana e musulmana. Al manganese slavato si aggiungono il blu, il verde ramina, il giallo arancio con tonalità sbiadite.
L'influenza rinascimentale nel Seicento è testimoniata a Caltagirone dall'uso, nelle ceramiche dell'epoca, della palmetta persiana tipica delle decorazioni di Montelupo, proposta in diverse tonalità del blu, che si evolve in una ricca e regolare decorazione floreale.
Fonti: www.ceramicart.it it.wikipedia.org www.turismo.it http://www.comune.caltagirone.ct.it/comune.caltagirone.ct.it/index.php?option=com_content&view=frontpage&Itemid=1
www.regione.sicilia.it www.provincia.ct.it
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